Le impronte digitali sono quelle impronte lasciate dalle creste e dai solchi delle dita, dette tecnicamente “dermatoglifi” e grazie ad esse è possibile distinguere tra loro gli individui e ad identificarli, anche in scene criminose. Ma talvolta queste creste e solchi possono mancare, determinando quello che in medicina prende il nome di adermatoglifia.

 

Un gruppo di ricerca dell’Istituto di Cibernetica “E. Caianiello” del Cnr di Pozzuoli, guidato dalla ricercatrice Maria Frucci ed in collaborazione con il reparto di dattiloscopia giudiziaria della polizia scientifica della questura di Napoli, guidato dal dottor Luigi Bisogno, pare abbia sviluppato un software in grado di ricostruire le impronte digitali danneggiate, abrase oppure non identificabili perché contaminate. Si tratterebbe quindi di un sistema unico nel suo genere, che potrebbe essere ampiamente utilizzato dalla polizia scientifica per il riconoscimento dei soggetti o nel caso di eventi criminali, riuscendo nell’impresa di recuperarle nella loro integrità.