Nuove conferme sull’eventuale presenza della famigerata Battaglia di Anghiari di Leonardo Da Vinci dietro la Battaglia di Marciano di Giorgio Vasari, presente nella parete est del Salone dei Cinquecento di Palazzo Vecchio a Firenze.

 

Da tempo ci occupiamo dello studio, delle analisi condotte su questa famosa parete, oltre la quale si pensa vi sia l’opera di Leonardo, facendo attenzione alle tecniche di analisi utilizzate ed ai risultati ricavati, ma andiamo per gradi.

 

Per chi non lo sapesse, la Battaglia di Anghiari è una pittura murale realizzata nei primissimi anni del ‘500 da Leonardo da Vinci con una tecnica definita inadeguata per i gusti dell’epoca e per questo rimasta incompiuta. Dopo circa sessant’anni venne rifatta da Giorgio Vasari, che rappresentò la Battaglia di Marciano. Qui nasce il mistero.

Che fine hanno fatto le pareti realizzate da Leonardo? Vasari le ha eliminate, distrutte, o semplicemente nascoste sotto la “sua” battaglia? Pensate che ad infittire il mistero ci ha pensato anche il Vasari stesso, quando nel XIV secolo decise di affrescare la Battaglia di Marciano sul muro di una stanza fiorentina e scrivendo: “Chi cerca trova”.

Questa è la scritta, piccolissima, presente su un minuscolo stendardo, retto da un soldato in mezzo alla scena della battaglia, che fece pensare. Scoppiò il più avvincente “giallo” della storia dell’arte, che dura oramai da trenta anni.

Da anni si susseguono le congetture sull’eventuale presenza, sotto l’opera del Vasari, della battaglia realizzata da Leonardo, con una serie di campagne di diagnosi, di studio e di ricerca. Tanto che oggi abbiamo una conferma.

L’ingegnere Maurizio Seracini, professore dell’Università della California a San Diego, ha reso nota la loro straordinaria scoperta. Da una serie di campioni prelevati, emergerebbero tracce di sostanze lattiginose e di colori come il nero, il rosso e il beige, ma è soprattutto da un campione di materiale di colore nero, prelevato dalla parte posteriore dell’affresco di Giorgio Vasari, che emergerebbe una composizione chimica uguale al pigmento nero già identificato in altre due opere famosissime di Leonardo, nelle vele marroni della Gioconda e nel fondo del San Giovanni Battista. Il pigmento nero in questione sarebbe composto da manganese e ferro, nella stessa miscela creata da Leonardo, tanto da risultare come “tipico” solo di Leonardo Da Vinci e non riscontrabile in nessun altro artista.

Il gruppo di ricerca avrebbe anche accertato la presenza di un’intercapedine tra la parete contenente l’affresco del Vasari e la parete retrostante e ciò potrebbe voler dire che il Vasari, anch’esso una persona geniale, che forse aveva già capito l’importanza dell’opera di Leonardo o forse per il suo rispetto e devozione nelle opere dell’artista vinciano, avrebbe creato un doppio strato di affresco. Facendo l’intercapedine proprio per preservare ai posteri quella bozza così bella ed importante e lasciandoci un messaggio in codice, per cercarlo.

I dati resi noti in questi giorni, sono stati ottenuti grazie ad una sonda endoscopica, datata di una microsonda di 4 millimetri ed effettuando dei microcarotaggi che dessero piccolissime percentuali di materiale da analizzare. Questo grandioso progetto di ricerca viene guidato dalla National Geographic Society, che lo sostiene finanziariamente con ben 250.000 dollari e dal Centro scientifico interdisciplinare per l’Arte, per l’architettura e per l’arte dell’Università della California di San Diego ed in collaborazione con il Comune di Firenze, sotto la sorveglianza della Soprintendenza per il Polo museale fiorentino e l’Opificio delle Pietre Dure.