Il silicio, componente alla base dei moderni computer e semiconduttori, ha un erede e chi lo ha scoperto ha vinto il premio nobel per la fisica. Quasi per gioco, sei anni fa, due ricercatori russi, Kostya Novoselov (36 anni) e Andre Geim (51 anni), usando un normale nastro adesivo e un blocco di grafite (la stessa che sta al centro delle matite, carbonio puro), riuscirono a isolare il foglio più sottile del mondo: spesso quanto un solo atomo (di carbonio, naturalmente). Così impalpabile ed essenziale che viene considerato un materiale bidimensionale. Ebbene ora hanno vinto il premio nobel per la fisica per aver ricreato in laboratorio il grafene. Le possibilità offerte dalle caratteristiche uniche di questo materiale vanno dalla tecnologia di uso quotidiano alla ricerca medico-scientifica. Al momento, gli impieghi previsti per il grafene sono tutti ipotetici, ma già il fatto di poterne riconoscere l’esistenza è un traguardo per la scienza. Come l’impiego del grafene si tradurrà nel nostro quotidiano è però già immaginabile, almeno in una prima fase.

Il grafene si ottiene partendo dalla grafite e isolandone un unico foglio, spesso soltanto un atomo. Costituito da uno strato monoatomico di atomi di carbonio (cioè con lo spessore di un solo atomo) il grafene dispone anzitutto di caratteristiche elettriche uniche, date proprio dal bassissimo spessore. Il grafene è un materiale ad altissima conducibilità elettrica, il che ne fa la base ideale per una futura generazione di chip e semiconduttori: i processori al grafene potrebbero essere molto più piccoli e molto più veloci degli attuali, e probabilmente meno affamati di energia. Il grafene è un materiale quasi completamente trasparente, densissimo e altamente resistente: tra i suoi futuri utilizzi potrebbero esserci la sostituzione del silicio nella costruzione di computer, la produzione di touchscreen trasparenti, la generazione di chip al grafene con frequenze da 300 GHz a 1 THz, la creazione di aeroplani, auto e satelliti a partire da materiali nuovi con proprietà strabilianti. In Italia sono in molti a lavorare su questo materiale, per esempio il Laboratorio europeo per la spettroscopia non lineare (Lens) di Firenze e il laboratorio Nest (National Enterprise for nanoScience and nanoTechnology) nato da Scuola Normale di Pisa e Istituto di Nanoscienze del Cnr. L’Istituto di microelettronica del Cnr a Catania e Bologna studia le applicazioni ambientali, per esempio i sensori, mentre a Trento l’Istituto per l’Officina dei Materiali (Iom-Cnr) indaga l’impiego nella diagnostica. E’ di qualche tempo fa anche una applicazione nel campo del fotovoltaico.